Considerato che il suolo è una risorsa estremamente preziosa, ma anche limitata, armonizzare la nostra presenza a quella del territorio risulta fondamentale e, una delle opzioni auspicabili, consiste nel prevenirne il degrado e nell’utilizzo sostenibile.
Nella realtà italiana un tema particolarmente urgente risulta senz’altro quello del consumo dissennato del suolo. Secondo l’ultimo rapporto dell’l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) “Il consumo di suolo in Italia 2020” nel 2019, al giorno, sono stati cementificati circa 16 ettari di terreno, questo vuol dire che il nostro Paese ha perso quasi due metri quadrati di suolo ogni secondo perdendo definitivamente numerose aree agricole e naturali.
Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna nel 2019 sono stati consumati 404 ettari in più di aree verdi rispetto all’anno precedente e risultiamo tra i primi nell’infelice classifica dei maggior co nsumatori di suolo insieme a Veneto (+785), Lombardia (+642), Puglia (+625) e Sicilia (+611). L’Italia quindi è ancora ben lontana da quegli obiettivi europei che entro il 2050 mirano al cosiddetto azzeramento del consumo di suolo netto, ovvero il bilancio tra il consumo di suolo e l’aumento di superfici naturali.
Gli orti urbani e la riappropriazione degli spazi verdi
A questo proposito, nelle aree urbane di molte città stiamo assistendo ad un fenomeno a partire ‘dal basso’ sempre più diffuso: lo sviluppo di orti urbani che nascono dalla volontà di riappropriazione degli spazi verdi in città e che pongono al centro il benessere della cittadinanza e dell’ambiente. Coltivare cibo locale e biologico diventa quindi sì un mezzo per ottenere una maggiore sostenibilità ma anche per contribuire alla costruzione di una coscienza collettiva capace di porsi con forza contro il consumo di suolo sfruttando le aree già a disposizione attraverso un processo di rigenerazione.
I benefici non riguardano solo l’ambiente ma anche le persone: intorno agli orti urbani le persone si connettono recuperando quel contatto sociale che è diventato ormai uno dei beni tra i più preziosi. Non dimentichiamoci inoltre della valenza politica che questi spazi assumono: i cittadini riappropriandosi degli spazi urbani reclamano il bene comune e il diritto alla città. Il giardinaggio diventa così anche un atto politico che promuove l’impegno civico per un’idea di città inclusiva basata sulla partecipazione pubblica e l’interesse collettivo.
Nella realtà di Piacenza meritevole di menzione è senz’altro l’Associazione di Promozione Sociale Cosmonauti nata nel 2015 su iniziativa di un gruppo di giovani piacentini che hanno deciso di impegnarsi, non solo nella riqualificazione di spazi verdi poi adibiti a orti urbani, ma anche in attività culturali volte al recupero di metodi di agricoltura a basso impatto ambientale e all’inserimento di soggetti in condizioni di svantaggio socio-economico e psicofisico.
Ed è proprio la dimensione sociale e culturale degli orti urbani che Giulio Merli, uno dei soci fondatori dei Cosmonauti, sottolinea quando parla delle iniziative portate avanti dall’associazione:
“Sempre di più negli ultimi decenni la vita sociale si è spostata in un’ottica consumistica che gira intorno all’esperienza commerciale. Il riappropriarsi degli spazi urbani è una cosa rivoluzionaria, che cambia la propria prospettiva. Chi inizia a coltivare un orto urbano va in un posto e diventa un aggregatore di comunità.”
Giulio Merli
Ad oggi i Cosmonauti gestiscono diversi orti in città tra cui quelli di Santa Maria di Campagna dove vengono proposte attività orto terapia, gli orti di Spazio2 che hanno l’obiettivo specifico di avvicinare i giovani alle attività legate alla terra e sviluppare una nuova consapevolezza sulla filiera alimentare ed infine il nuovo orto recentemente inaugurato a Spazio4 dove in collaborazione con l’associazione Piacenza in blu a lavorare la terra sono persone con disabilità al fine di ottenere risultati riabilitativo-terapeutici.
Progetti come questo hanno il grande valore di mettere in luce il ruolo chiave delle nuove generazioni che nei prossimi anni avranno la grande responsabilità di governare i processi di sviluppo partendo dalla messa in discussione delle attuali forme di consumo e di produzione alimentare. Quello che vediamo in realtà come quella dei Cosmonauti è sicuramente una cittadinanza giovane, attiva e consapevole che cerca di riappropriarsi degli spazi e degli usi del proprio territorio, la speranza è che negli anni a venire questo tipo di iniziative diventino una buona pratica riconosciuta e incentivata in tutte le città del nostro territorio.
DI ILARIA CAGNACCI